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Luca Traini dal carcere prende le distanze. Per l'ennesima volta, il nome del giovane di Tolentino condannato a 12 anni di reclusione per il raid del 3 febbraio 2018 a Macerata in cui rimasero feriti sei stranieri, è stato accostato a un gravissimo fatto di sangue. L'autore della strage di Buffalo, infatti, ha dichiarato di essersi ispirato proprio a Luca Traini il quale dal carcere di Montacuto ha affidato all'Adnkronos il suo sfogo.
«Sono stanco di apprendere dai giornali che tutti i pazzi (scrive tra virgolette) che nel mondo vanno a sparare si debbano ispirare a me. La mia storia, il mio reato non hanno nulla a che vedere con chi lucidamente va a compiere stragi il nome di chissà cosa. Mi dissocio - sottolinea - da ogni accostamento a suprematisti e razzisti ora e in futuro».
«Con molta apprensione - scrive - ho dovuto constatare come ancora il mio nome e le mie azioni delittuose passate vengano prese come esempio negativo da ragazzini problematici e socialmente disagiati che compiono stragi in nome di idee e ideologie odiose e criminali. È il caso di quel diciottenne che in una cittadina degli Usa ha ucciso decine di persone. Ora, io non so né il nome di questo delinquente né il motivo che lo ha spinto a compiere uno scempio simile, invece di vivere la sua giovane età in maniera diversa e costruttiva. La vicenda non mi avrebbe nemmeno interessato - sottolinea Traini - se non fosse stato che in un famoso Tg nazionale, alla fine della narrazione di questo immenso massacro americano, si è fatto riferimento al mio gesto passato (la sparatoria a Macerata nel 2018 - sottolinea lui stesso - per cui sto scontando 12 anni di condanna) come fonte di ispirazione per questo giovane deficiente americano».