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La vicenda è accaduta alla parrocchia del Redentore di Monselice (Padova). Il parroco don Damiano è ora a caccia della proprietaria di quei soldi, ma appena sparsa la notizia si sono presentati in canonica almeno una decina di millantatori, che ora tentano di appropriarsi delle centinaia di euro rinvenute in quelle tasche.
Quando i volontari stavano sistemando i capi donati per la catalogazione (per poi essere donati), la scoperta: all’interno di una tasca c’erano molte banconote da 50 euro, che sommate davano un importo ragguardevole. «Non era certo la mancia per il nipotino - spiega don Damiano Santiglia - Mi sono a lungo interrogato se si trattasse di una dimenticanza o di un atto volontario, ma propendo per la prima ipotesi. Non è consueto fare donazioni in questo modo». È probabile che i soldi siano stati messi dentro la tasca da qualcuno, forse un anziano, che utilizzava quel vestito come salvadanaio. In genere, i parrocchiani che frequentano la chiesa si conoscono tutti: se l’incauta benefattrice fosse stata nota, tutto si sarebbe risolto con un colpo di telefono. Ma stavolta il caso è più complicato: chi si è rapportato con la donna ha ben presente il suo volto, ma non ne conosce l’identità. Probabilmente si tratta di una persona che non abita in parrocchia e frequenta l’Armadio occasionalmente. Trattandosi di una somma importante, don Damiano ha deciso di affidare la ricerca ai social, pubblicando un messaggio nei vari gruppi cittadini e della zona: «Cara signora, dentro qualche tasca hai dimenticato un po’ di soldi. Contatta la nostra parrocchia e te li restituiremo».
L’appello del sacerdote ha subito scatenato un tam tam di passaparola e le telefonate in canonica si sono moltiplicate.
Oltre dieci persone si sono anche presentate in parrocchia, asserendo che quel denaro gli appartenesse. «Alcuni erano assolutamente in buona fede e volevano solo fugare ogni dubbio - prosegue don Damiano - Altri invece sono venuti con l’intento di riscuotere la somma. In questa fase, noi della parrocchia siamo molto prudenti e non forniamo troppi dettagli sull’accaduto. In base alle domande che pongo, capisco subito le reali intenzioni di chi viene in ufficio».